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Riceviamo e pubblichiamo la
lettera di Enrico Bardin:
Non è più il mio calcio. Per me fare il tifo
per il Savona vuol dire sostenere la squadra da oltranza oltre ogni ragionevole
dubbio, cercando sempre di surclassare gli avversari a livello di cori
incessanti di sostegno che devono durare per 90 minuti più il recupero. Per me
fare il tifo per il Savona vuol dire sorprendere il pubblico con coreografie
pregevoli di incitamento: vedi tra le altre la partita in casa con il Val
d’Aosta che ha dato la matematica certezza della promozione in Lega Pro 1, la
partita in casa con la Pro Vercelli per la semifinale dei playoff dello scorso
campionato o ancora la partita in trasferta vittoriosa ad Alessandria del
campionato 2012-13. Possono essere anche striscioni di protesta contro qualche
fatto (vedi orari cervellotici delle partite di questo campionato spezzatino) ma
a questi striscioni non mancherà mai l’ironia, la bonaria presa in giro. Per me
fare il tifo per il Savona vuol dire portare in alto il nome della città con
iniziative solidali encomiabili (vedi l’ultima trasferta a L’Aquila) realizzando
in trasferta almeno un pullman pieno di tifosi che riescono a fare una buona
figura in campi avversari. E qui iniziano i problemi per cui non più il mio
calcio: i pullman non si riescono più a riempire, sicuramente per la mancanza di
soldi, per la crisi economica, sicuramente per la scarsa qualità del gioco
espresso in questo campionato, ma certamente la comodità di vedere in streaming
la partita in TV ha influito e fatto sì che la gran parte dei cosiddetti
“tifosi” presenti gli anni scorsi alle trasferte neanche ti rispondano più ai
messaggi di adesione ai pullman. E ancora, nonostante la buona volontà
espressa nel cercare di unire il tifo in gradinata, detto tifo non potrà mai
essere unito per estreme diversità di comportamento, di idee politiche e di
cultura personale (vedi fastidiosissimi “buu” di scherno e insulti razziali con
continue allusioni a una politica di destra espressi da una piccolissima parte
del tifo caldo, che infastidiscono tremendamente la maggioranza del tifo).
Penso infine che per unire il tifo (ricordiamo il detto “L’unione fa la
forza”) si ha bisogno di un’intelligenza e di un’elasticità mentale che la
tifoseria savonese, ancorata dietro le sue antipatie-inimicizie-ripicche tipiche
della provincia più estrema, non ha mai avuto e non potrà mai avere. Detto
questo, anche per rispetto all’età che possiedo, ho deciso di smettere
assolutamente ad impegnarmi per organizzare il tifo. Ciò non toglie che quando
avrò voglia sarò lì a tifare, fremere, palpitare per il mio Savona sui gradoni
del Bacigalupo, ma libero dalle pressioni gravose che ultimamente mi ero
addossato sulle spalle. Per sempre “Forza Savona!”
Enrico Bardin
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